La cadenza nel ciclismo: perché oggi non si allena più
Per anni, la cadenza di pedalata è stata un parametro chiave nei programmi di allenamento ciclistico. Si è passati da un’epoca in cui cadenze basse erano sinonimo di forza e resistenza (SFR), fino al mito delle alte cadenze reso celebre da Chris Froome. Ma oggi, grazie alla ricerca scientifica, questo approccio è cambiato radicalmente. I tecnici più aggiornati sanno che la cadenza non è più un obiettivo da inseguire, ma piuttosto una conseguenza naturale delle capacità fisiologiche e muscolari di un atleta.
Cosa ci dice oggi la scienza?
Studi recenti, come quello che ha utilizzato avanzati modelli muscolo-scheletrici, hanno permesso di capire meglio come il corpo "sceglie" la cadenza di pedalata. E la scoperta è stata sorprendente: il ciclista non sceglie la cadenza ideale per consumare meno energia, come si pensava in passato, ma per minimizzare il volume muscolare attivo, ovvero la quantità di muscoli coinvolti nella produzione della potenza richiesta. Si pone autonomamente nella condizione di massima efficienza riducendo al minimo il numero di fibre muscolari coinvolte!
Perché il volume muscolare attivo è così importante?
Ridurre il volume muscolare attivo è una strategia vincente dal punto di vista biomeccanico e neuromuscolare. Significa ottimizzare l’intervento delle fibre muscolari per una maggiore efficienza, evitando di sovraccaricare e affaticare eccessivamente alcuni muscoli specifici. In questo modo, il ciclista può mantenere più a lungo una pedalata fluida ed efficiente, risparmiando preziose riserve energetiche a livello locale (nei muscoli stessi).
Evoluzione dell’allenamento: addio alle tabelle con cadenze rigide
È proprio questa nuova comprensione che ha rivoluzionato i piani di allenamento moderni. Se la cadenza è la naturale risposta del corpo alle sue caratteristiche muscolari e neuromuscolari, non ha senso forzare un atleta a pedalare a cadenze predefinite. Non esiste una cadenza universale "giusta" per tutti. Ognuno ha la sua, che dipende da:
Forza muscolare specifica;
Capacità aerobica;
Efficienza della pedalata;
Coordinazione neuromuscolare.
In sintesi: oggi non si allena più la cadenza, ma si allenano le qualità di base che determinano la cadenza spontanea più efficace per quell’atleta. Se il ciclista diventa più forte, più efficiente e più economico dal punto di vista muscolare, troverà automaticamente la sua cadenza ideale, senza bisogno di imposizioni esterne.
Un parametro da osservare, non da allenare
Oggi la cadenza è vista come un indicatore prezioso, una sorta di termometro che racconta lo stato di forma e la capacità di esprimere potenza. Se un ciclista sotto sforzo tende a scegliere cadenze troppo alte o troppo basse rispetto al suo standard, è un segnale di fatica o di inefficienza. Ma non è qualcosa da "correggere" con esercizi specifici sulla cadenza. È piuttosto un segnale che c’è da lavorare su aspetti di base come la forza o la resistenza.
Conclusioni
La cadenza è morta? No, è semplicemente diventata adulta. Non è più la stella polare degli allenamenti, ma un riflesso di come il ciclista sta funzionando nel suo insieme. Chi vuole migliorare la propria cadenza, non deve ossessionarsi con rpm prestabiliti, ma deve costruire un corpo capace di sostenere quella cadenza spontanea che lo rende più efficiente e performante.
fonte:
An in-silico investigation of the effect of changing cycling crank power and cadence on muscle energetics and active muscle volume
(C. D. Riveros-Matthey, T. J. Carroll, M. J. Connick , G. A. Lichtwark ; 2025 Journal of Biomechanics)
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